Oggi, 7 gennaio, giornata nazionale dell’inizio della Dieta (non fanno eccezione Sorrento e tutta la Penisola Sorrentina ed è possibile prenotare una visita dalla sezione contatti), parliamo dell’importanza di mangiare a colori e in particolare di pigmenti biologici.

I pigmenti biologici sono sostanze prodotte dagli organismi viventi, ai quali conferiscono dei colori caratteristici.

I pigmenti hanno la capacità di assorbire alcune lunghezze d’onda della luce, riflettendo le altre. La luce assorbita viene utilizzata dalla pianta per fornire energia necessaria alle reazioni chimiche vitali (basti pensare alla fotosintesi), mentre le lunghezze d’onda riflesse determinano il colore con il quale il pigmento viene percepito dai nostri occhi.

I principali pigmenti delle piante sono la Clorofilla, i Carotenoidi e le Antocianine.

Scopriamoli insieme, anche mediante esempi pratici di ortaggi che li contengono.

LA CLOROFILLA

Il colore verde tipico delle piante è dovuto alla presenza di clorofilla, un pigmento verde che le piante accumulano nelle cellule (in particolare nei cloroplasti). La clorofilla è fondamentale per svolgere la fotosintesi, un processo necessario per la vita della pianta che trasforma anidride carbonica e acqua in ossigeno e glucosio. Le piante contengono due versioni diverse di clorofilla, “clorofilla a” e “clorofilla b”, in un rapporto di circa 3 a 1. Entrambe assorbono la luce rossa e blu riflettendo il verde, ma la clorofilla a si degrada più facilmente della b. Responsabile del colore verde è un atomo di magnesio che si trova al centro dell’anello porfirinico della molecola. All’anello è attaccato una lunga catena che rende tutta la molecola poco solubile in acqua.

Molti processi possono alterare la sua struttura chimica causando un cambio di colore: gettando in acqua bollente un ortaggio verde inizialmente questo assume un colore verde più intenso, quasi brillante. Ciò accada per due motivi: innanzitutto perché il gas presente tra le cellule dei tessuti vegetali si espande e viene espulso, permettendo una visione più chiara del colore naturale; inoltre perchè a pH neutri o leggermente alcalini si ha la trasformazione temporanea delle due clorofille in versioni dal colore più brillante.

Continuando a cuocere l’ortaggio cambiare tonalità, fino a diventare di un colore verde marcio. Quando la clorofilla si trova in ambiente acido (anche a pH debolmente acidi) tende a perdere l’atomo di magnesio al centro dell’anello, e il calore ne velocizza la trasformazione in una molecola chiamata feofitina, che caratterizza proprio questo colore verde marcio. Questo processo è fortemente velocizzato aggiungendo all’acqua di cottura un elemento acido.

Perciò il verde è un colore particolarmente difficile da mantenere (sia in cucina che nella conservazione degli alimenti) e, poiché i consumatori pongono molta attenzione al colore dei vegetali, sono stati realizzati molti studi per indagare l’effetto sul colore verde dei vari trattamenti attuabili in cucina e nell’industria alimentare.

I CAROTENOIDI

I carotenoidi sono pigmenti di natura lipidica che si distinguono per il colore giallo, arancione e rosso. Hanno una duplice azione nutrizionale: possono essere precursori della Vitamina A (con, ad esempio, ripercussioni sulla salute della vista e della cute) e hanno un forte potere antiossidante. Si distinguono in xantofille e caroteni a seconda della presenza o meno dell’ossigeno nella molecola.

Ovviamente non si può parlare di carotenoidi senza parlare di Carote. Le carote arancioni contengono Alpha – e Beta-carotene; quest’ultimo è un noto precursore della vitamina A che viene sintetizzata nel corpo umano. Solo il 3% del B-carotene nelle carote crude intere viene rilasciato durante la digestione, mentre grattugiandole, cuocendole e aggiungendo olio extravergine di oliva (si tratta di una pro-vitamina liposolubile, proprio come la vitamina A) si arriva fino a circa il 40%. Oltre a quelle arancioni esistono anche carote di altri colori: le gialle contengono luteina, le rosse licopene (come il pomodoro) e le viola antocianine (di cui è possibile leggere più in basso).

Altro alimento strettamente collegato alla presenza di carotenoidi è il Pomodoro. Il colorante principale del pomodoro rosso è infatti proprio un carotenoide, il licopene, che rappresenta l’85-90% dei suoi pigmenti. Il restante 10-15% è dovuto al B-carotene, con solo minuscole quantità di altri carotenoidi. Il pomodoro nella nostra dieta costituisce la fonte principale di licopene, al quale diversi studi attribuiscono una funzione nella prevenzione di alcune malattie cardiovascolari. Come altri carotenoidi, il licopene viene assorbito più facilmente dal pomodoro cotto, motivo per cui è buona abitudine far cuocere a lungo la salsa. A differenza del B-carotene il licopene non viene convertito in vitamina A nel corpo umano.

Piccola curiosità: se il gene della produzione del licopene viene spento (per via genetica oppure a causa di temperature di coltivazione elevate) il pomodoro, una volta scomparsa la clorofilla, rimane di un colore giallo dato dal solo B-carotene. Il licopene non si trova in molti ortaggi: oltre al pomodoro lo troviamo nel cocomero, nel pompelmo rosa e nella papaia.

Alimento interessante per il suo contenuto in carotenoidi è anche il Peperone. Esistono al mondo peperoni di moltissimi colori, dal rosa al viola, ma i più comuni sono quelli gialli, rossi, arancioni e verdi. I peperoni verdi, solitamente, non sono altro che la versione immatura di quelli gialli o rossi. Dal momento che i peperoni verdi sono, di fatto, peperoni acerbi, il loro sapore risulta in genere meno dolce e più pungente rispetto a quello dei peperoni maturi e colorati. Se questi vengono lasciati sulla pianta a maturare il colore verde scompare lasciando spazio agli altri pigmenti, dal rosso al giallo a seconda dei caroteni prodotti. I peperoni rossi sono ricchi di carotenoidi. I gialli sono frutto di una mutazione genetica che li ha privati della capacità di sintetizzare carotenoidi rossi: riescono a produrre solo i caroteni gialli come ad esempio la luteina (una xantofilla che viene metabolizzata dagli animali e depositata nel grasso sottocutaneo o nel tuorlo dell’uovo, donandogli il tipico colore giallo/arancio). Alcuni peperoni e peperoncini, come quelli usati per la famosa salsa messicana mole, sono marroni, a causa di una mutazione genetica che evita la scomparsa della clorofilla: la somma di verde e rosso dona appunto il colore marrone a queste specie.

 ANTOCIANINE

Nel regno vegetale le antocianine, classe di pigmenti appartenente alla famiglia dei flavonoidi, sono responsabili di gran parte delle colorazioni rossa, rosa, blu, viola (e tutte le loro sfumature) che possiamo osservare in alcuni fiori, nella frutta (ad esempio uva, mirtilli, fragole e altri frutti di bosco) e negli ortaggi (ad esempio cipolla rossa, cavolo rosso, carote viola, barbabietola, melanzane).

Le antocianine sono molecole idrosolubili e si usano ampiamente nell’industria alimentare come coloranti naturali (sono estratte soprattutto dall’uva). Si usano per colorare tanti prodotti (dalle bevande alle caramelle) e sono indicate sulle etichette con la sigla E163.

Agiscono da antiossidanti e vari studi recenti hanno suggerito una relazione fra il consumo di frutta e verdure contenenti antocianine e gli effetti protettivi nei confronti di diverse malattie.

Il colore delle Antocianine può variare in funzione del pH:

a valori di pH acidi (1-3) il loro colore è un rosso molto intenso (per questo motivo in cucina, per accentuare il colore rosso di un piatto, un piccolo trucco è aggiungere un po’ di liquido acido come limone o aceto).

All’aumentare del pH il colore vira verso il blu: con un pH tra il 6 e 7 è possibile osservare un colore dal rosa al porpora, mentre aggiungendo una sostanza alcalina e portando il pH fino a 8 si vede il colore blu.

Aumentando ulteriormente l’alcalinità le antocianine si trasformano in molecole incolori o gialline.

Facendo un esperimento con estratto di cavolo rosso (ricco di antocianine facilmente estraibili) è possibile notare tutti questi passaggi e qualcosa in più: il cavolo rosso contiene anche altre sostanze, i “flavonoli” (altra classe di flavonoidi), che passando dal pH acido a quello basico si trasformano da incolori a gialli. Quindi portando il pH attorno a 10 si vede il colore della soluzione diventare verde e arrivando a un pH pari a 12 o maggiore si ottiene un colore giallo.

Anche i colori della buccia delle cipolle sono indice della presenza delle 2 classi di pigmenti antocianine (come detto di colore dal rosa al viola) e flavonoli (tra cui il principale è la quercetina, responsabile del colore giallo o bruno della buccia di alcune varietà). Il colore violetto di alcune varietà è quindi dovuto alle antocianine mentre le cipolle gialle contengono soprattutto quercetina, alla quale molti studi hanno attribuito diverse proprietà positive per il nostro organismo.

Le Betalaine sono un’altra classe di pigmenti (rossi e gialli) che si trova solo nelle piante dell’ordine Caryophyllales (ne sono un chiaro esempio le Biete e l’Amaranto) e non è mai presente se nella pianta ci sono già antocianine.

IN CONCLUSIONE

I diversi colori dei prodotti vegetali sono quindi dovuti ai diversi pigmenti biologici e alle diverse condizioni (climatiche, di coltivazione, conservazione, pH, cottura, ecc.); ogni pigmento porta con sé delle proprietà, intrinseche e legate agli altri componenti dell’alimento, fondamentali per il mantenimento dello stato di benessere dell’organismo.

Per questo è importante mangiare a colori, scegliendo tutti i prodotti che la natura ci offre, senza mai dimenticare di seguire la stagionalità di frutta e verdura.

(Buona parte dell’articolo prende spunto e cita il libro di Dario Bressanini, “La scienza delle verdure”)